
Ti immagino come quercia, una ninfa che è diventata quercia con la mente alle sue radici.
Sei disagio, sei il freno ai miei istinti, sei ispirazione a volte, sei la fine e l’inizio a volte. Sei rabbia quasi sempre e amore di sfuggita. Sei la lotta continua per cercare di combaciare. Io e te combaceremo mai? Ne varrebbe le pena?
Sei disagio per il disagio di scriverti così come qualcosa che non vorrò mai e che non riconosco. Ti riconoscerò mai? Prima o poi dovrò pur amarti, prima o poi dovremmo accettare che il nostro è un matrimonio imposto desiderosi di un divorzio che non potrà mai essere concesso.
Sei odio e sensi di colpa… i miei sensi di colpa hanno nome e cognome, facce e ruoli, professioni e caratteri. Sei paura continua e fottuta e forse sei più di tutto questo.
Devo essere Xena con un involucro del cazzo, me lo urli di continuo e lo so che non te lo meriti. In fondo neanche tu hai scelto qualcosa, mica lo fai apposta… non ci divertiamo per niente insieme ma se magari il mio cervello ti mangiasse, se il mio cervello vincesse sui tuoi cambiamenti, se tu diventassi più leggero e morbido, se tu diventassi una cosa che sento meno mia, se mi appartenessi di meno. Lo so cosa stai pensando, corpo mio, che tu in tutto questo non c’entri poi tanto, che la quercia è la mia mente e tu sei ai suoi piedi ogni giorno a reclamare un po’ di pietà e buona educazione, meno dolore. Mi preghi di concederti perdono e opportunità, l’opportunità di una vita assurda ma normale, di amore tutto nostro fino alla fine di noi, oltre l’abbandono e il rifiuto, il panico e l’ansia.
La verità è che ti cerco e tu cerchi me tutti i giorni, tutto il tempo.